Ci sono alcuni termini in ambito informatico e più diffusamente tecnologico che meritano un doveroso approfondimento, e tra questi c’è proprio virtuale, usato spesso come aggettivo ma anche disinvoltamente come attualissimo sostantivo.
La domanda più classica che ci potremmo porre è: sappiamo realmente cosa significa? Scopriremmo che la risposta non è affatto scontata. Siamo portati a pensare a qualcosa di virtuale come a qualcosa che “non esiste”o, ancor meglio, esiste solo nel mondo del computer, e questo rischia di condurre soprattutto i più giovani ad un pericoloso fraintendimento: il credere cioè che un sinonimo perfetto di virtuale sia irreale.
Se ci ragioniamo un secondo, in effetti, parrebbe che non si tratti di qualcosa di tangibile, che possiamo maneggiare concretamente, ed anzi qualcosa verso cui possiamo manifestare una certa disinvoltura. Prendiamo alcuni classici ritrovi della rete, come Netlog (aggregatore sociale rivolto prevalentemente ai ragazzi) o il più che famoso Facebook, frequentato da internauti di tutte le età ed interessi. Si tratta di enormi piazze non appartenenti alle nostre città ma immensamente più frequentate, più colorate, più vive, aperte a tutte le ore. Piazze, appunto, che definiamo a pieno titolo virtuali. L’unica cosa che ci separa da loro è il monitor del nostro pc (o smartphone, per essere al passo con i tempi), e questo ci consente proprio la disinvoltura a cui facevo riferimento prima. Abiti comodi, niente trucco per signorine e signore, timidezza alle spalle, una foto del nostro profilo convincente (più o meno rispondente al vero) e via con la tastiera, convinti che che le nostre parole si depositino in un mondo intangibile pronte a perdersi nella memoria della rete una volta chiuso il sito del quale siamo frequentatori (e consumatori) quotidiani. Anzi, aggiungiamo che sappiamo bene che la rete diviene proprietaria di tutto ciò che facciamo scivolare su di essa, ma proprio perchè si tratta di un mondo virtuale non ce ne curiamo abbastanza. Ma com’è veramente il nostro rapporto con il computer e con internet? Per comprenderlo pienamente basterebbe sostituire al termine virtuale il più corretto ed appropriato termine digitale, come consiglio sempre di fase in occasione dei miei corsi e degli incontri in cui sono chiamato a parlare di sicurezza informatica. Parlare di digitale significa certamente fare riferimento ad un’esperienza che nasce e vive grazie al computer, ma che esiste eccome! E che, come tale, produce conseguenze dirette ed indirette nella nostra vita quotidiana, quella reale. Il più classico degli esempi lo potremmo fare prendendo a modello una chiacchiera in chat o una conversazione tramite i social networks con un interlocutore che abbiamo conosciuto solo in rete e di cui dunque non possiamo e non dobbiamo fidarci. Quella conversazione è tutto tranne che virtuale, proprio perchè può produrre tangibili effetti nella vita reale. Che tale riflessione non sia affatto scontata e cristallina ce lo dicono gli episodi di cronaca che fanno riferimento a Facebook ed ai suoi derivati e che vedono coinvolti tanto utenti giovani, talvolta minorenni, quanto più adulti e presumibilmente più consapevoli.
Ecco che allora la nostra presenza sulla rete (e i formidabili strumenti che ci mette a disposizione) deve semplicemente essere una proiezione di noi stessi rispondente al vero, con i nostri punti di forza e le nostre debolezze, e non un modo di costruirci una identità alternativa, quello che in gergo viene definito un alias.
Di virtuale insomma possono esserci giusto i nostri sogni, le nostre aspirazioni, ma attenzione: essere cittadini di questa era, l’era digitale, ci consente di sfruttare proprio Internet e il suo potenziale per far divenire anche quelli delle soddisfacenti realtà!
Andrea Cartotto
Trainer Andrea
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